martedì 31 gennaio 2012

La notte bella

Quale canto s'è levato stanotte
che intesse
di cristallina eco del cuore
le stelle

Quale festa sorgiva
di cuore a nozze

Sono stato
uno stagno di buio

Ora mordo
come un bambino la mammella
lo spazio

Ora sono ubriaco
d'universo

 
Devetachi, il 24 agosto 1916 



Da L'allegria- Il porto sepolto

Giuseppe Ungaretti 

lunedì 30 gennaio 2012

Mi hai fatto senza fine

Mi hai fatto senza fine
questa è la tua volontà
Questo fragile vaso
continuamente tu vuoti
continuamente lo riempi
di vita sempre nuova.

Questo piccolo flauto di canna
hai portato per valli e colline
 attraverso esso hai soffiato
melodie eternamente nuove.

Quando mi sfiorano le tue mani immortali
questo piccolo cuore si perde
in una gioia senza confini
e canta melodie ineffabili.
Su queste piccole mani
scendono i tuoi doni infiniti.
Passano le età, e tu continui  a versare,
e ancora c'è spazio da riempire.


Rabindranath Tagore

domenica 29 gennaio 2012

Passero, passero dell'amor mio

Passero, passero dell'amor mio:
ti tiene in seno, gioca con te,
porge le dita al tuo assalto,
provoca le tue beccate rabbiose.
Come si diverta l'anima mia
in questo gioco, trovando conforto
al suo dolore, non so; ma come lei,
quando si placa l'affanno d'amore,
anch'io vorrei giocare con te
e strapparmi dal cuore la malinconia.

Gaio Valerio Catullo

sabato 28 gennaio 2012

Matilde, nome di pianta

Matilde, nome di pianta o di pietra, o di vino,
di ciò che nasce dalla terra e dura,
parola nel cui aumento spunta il giorno,
nella cui estate irrompe la luce dei limoni.

In questo nome corrono navigli di legno
circondati da sciami di fuoco azzurro marino,
e quelle lettere sono l'acqua di un fiume
che sfocia nel mio cuore calcinato.

Oh nome scoperto sotto un rampicante
come la porta d'una galleria sconosciuta
che comunica con la fragranza del mondo!

Oh invadimi con la tua bocca bruciante,
indagami, se vuoi, coi tuoi occhi notturni,
ma nel tuo nome lasciami navigare e dormire.


Pablo Neruda

venerdì 27 gennaio 2012

Un'arte

L'arte di perdere non è una disciplina dura
tante cose sembrano volersi perdere
che la loro perdita non è una sciagura.

Perdi qualcosa ogni giorno. Accetta la tortura
delle chiavi di casa perse, delle ore spese male.
L'arte di perdere non è una disciplina dura.

Esercitati a perdere di più, senza paura:
luoghi, e nomi, e destinazioni di viaggio.
Nessuna di queste perdite sarà mai una sciagura.

Ho perso l'orologio di mia madre. Era
mia ed è svanita - ops! - l'ultima di tre case amate.
L'arte di perdere non è una disciplina dura.

Ho perso due vasti regni, due città amate,
due fiumi, un continente. Mi mancano,
ma non è mica un disastro averle perdute.

Nemmeno perdere te (la figura, la voce allegra
il gesto che amo) mi smentirà. È chiaro, ormai:
l'arte di perdere non è una disciplina dura,
benché possa sembrare (scrivilo!) una sciagura.


 Elizabeth Bishop

giovedì 26 gennaio 2012

Varna mi ha fatto impazzire...

Varna mi ha fatto impazzire
mi ha fatto perdere la ragione.
Pomodori, peperoni
verdi, rombo fritto,
alla radio "Ehi ragazzi!" una canzone
del Mar Nero
del rakì nel bicchiere
latte di leone
anice
oh l'odore dell'anice
e la mia lingua parlata
da amici, da fratelli...
Come sto bene, perdio, come sto bene...
Varna mi ha fatto impazzire
mi ha fatto perdere la ragione...


 Nazim Hikmet

mercoledì 25 gennaio 2012

S'i' fosse foco

S'i' fosse foco, ardere' il mondo;
s'i' fosse vento, lo tempestarei;
s'i' fosse acqua, i' l'annegherei;
s'i' fosse Dio, mandereil'en profondo;

s'i' fosse papa, serei allor giocondo,
ché tutti cristïani embrigarei;
s'i' fosse 'mperator, sa' che farei?
a tutti mozzarei lo capo a tondo.

S'i' fosse morte, andarei da mio padre;
s'i' fosse vita, fuggirei da lui:
similemente faria da mi' madre,

S'i' fosse Cecco, com'i' sono e fui,
torrei le donne giovani e leggiadre:
le vecchie e laide lasserei altrui.

(XIII - XIV sec.)

Cecco Angiolieri

martedì 24 gennaio 2012

Non so


Non so se provi o fingi, tu, l'amore
Che mi dai. Me lo dai. Tanto mi basta.
Se non giovane d'età,
Che io lo sia per errore.
Poco gli Dei ci danno, e il poco è falso.
Ma se lo danno, ancor che falso, il dono
È reale e lo accetto.
Chiudo gli occhi. È tanto.



Fernando Pessoa

lunedì 23 gennaio 2012

La veste

     Feci al mio, canto una veste
           Coperta di ricami
        Tratti da miti antichi,
           Dai talloni alla gola;
 Ma gli sciocchi la presero per sè,
 La indossarono al cospetto del mondo
       Quasi lavoro delle loro mani
Lascia che se la tengano, canzone,
       C'è maggiore ardimento
          Nel camminare nudi.



William Butler Yeats

domenica 22 gennaio 2012

La "buona notte" delle cose

L'hai vissuta anche tu, lo so, quest'ora:
quest'ora in cui nei vicoli spossato
s'abbatte il giorno, e, disilluso, spegne
il proprio ardore.

Sembra che, allora, prendano commiato
l'una dall'altra
tutte le case intorno.
Nel caldo e chiaro lampeggiar dei vetri,
i muri stanchi scambiano l'estremo
trepido sguardo di saluto,
fin che le cose tutte si confondono,
e sospiran tra loro,
quasi di già sognando:

« Oh, come ci trasmutiamo,
di seriche tuniche grigie
vestendoci entrambe!

Chi, di noi due,
adesso, sei tu? » 


Rainer Maria Rilke

sabato 21 gennaio 2012

Ho quasi paura

Ho quasi paura, in verità,
tanto sento la mia vita allacciata

al pensiero radioso
che l'anima mi ha preso l'altra estate,

tanto la tua sempre cara immagine
abita in questo cuore tutto tuo,

questo mio cuore soltanto bramoso
di amarti e di piacerti!
Io tremo - e tu perdona
la mia estrema franchezza -

se penso che un sorriso, una parola
da parte tua son legge ormai per me,

e che ti basterebbe un solo gesto,
una parola, un battito di palpebre,

per chiudere il mio essere nel lutto
della sua celeste illusione. 


Paul Verlaine

venerdì 20 gennaio 2012

Salvezza


Vivere cinque ore?
Vivere cinque età?...
Benedetto il sopore
che m'addormenterà...

Ho goduto il risveglio
dell'anima leggiera:
meglio dormire, meglio
prima della mia sera.

Poi che non ha ritorno
il riso mattutino.

La bellezza del giorno
è tutta nel mattino.



Da La via del rifugio (1907)

Guido Gozzano

 

giovedì 19 gennaio 2012

La distratta (La distraìda)

Non sei più qui. Quel che vedo
di te, corpo, è ombra, inganno.
Se n'è andata la tua anima
dove tu sarai domani.
Mi offre ancora il pomeriggio
false garanzie, sorrisi
vaghi, e cenni rallentati,
un amore ormai distratto.
Ma l'intenzione d'andare
ti portò dove volevi,
via da qui, dove ti trovi
e mi dici
"eccomi qui con te, guarda"
e mi indichi l'assenza.


Da Sicuro azzardo (1929)

Pedro Salinas

 

mercoledì 18 gennaio 2012

Nulla due volte

Nulla due volte accade
né accadrà. Per tale ragione
si nasce senza esperienza,
si muore senza assuefazione.

Anche gli alunni più ottusi
dell scuola del pianeta
di ripeter non è dato
le stagioni del passato.

Non c'è giorno che ritorni,
non due notti uguali uguali,
né due baci somiglianti,
né due sguardi tali e quali.

Ieri, quando il tuo nome
qualcuno ha pronunciato,
mi è parso che una rosa
sbocciasse sul selciato.

Oggi, che stiamo insieme,
ho rivolto gli occhi altrove.
Una rosa? Ma che cos'è?
Forse pietra, o forse fiore?

Perchè tu, malvagia ora,
dai paura e incertezza?
Ci sei - perciò devi passare.
Passerai - e qui sta la bellezza.

Cercheremo un'armonia,
sorridenti, fra le braccia,
anche se siamo diversi
come due gocce d'acqua.


Wislawa Szymborska 

martedì 17 gennaio 2012

Poesie#251

Oltre la siepe -
crescono - le fragole -
oltre la siepe -
posso saltare - se ci provo, lo so -
Buoni i frutti di bosco!

Ma - se macchio il grembiule -
certo Dio brontolerebbe!
Bah - penso che se fosse un ragazzo -
anche lui - se potesse - salterebbe!

 (1860-1861)


Emily Dickinson

lunedì 16 gennaio 2012

Serenata

 Lungo le rive del fiume
si sta bagnando la notte
e sui seni di Lolita
muoiono d'amore i rami.

Muoiono d'amore i rami.

Nuda canta la notte
sopra i ponti di Marzo.
Lolita lava il suo corpo
con acqua salmastra e nardi.

Muoiono d'amore i rami.

La notte di anice e argento
risplende sui tetti.
Argento di fiumi e specchi.
Anice delle tue cosce bianche.

Muoiono d'amore i rami.

(Omaggio a Lope de Vega)


Federico Garcìa Lorca

domenica 15 gennaio 2012

Erano i capei d'oro a l'aura sparsi

Erano i capei d'oro a l'aura sparsi
che 'n mille dolci nodi gli avvolgea,
e 'l vago lume oltre misura ardea
di quei begli occhi ch'or ne son sì scarsi;

e 'l viso di pietosi color farsi,
non so se vero o falso, mi parea:
i' che l'esca amorosa al petto avea,
qual meraviglia se di subito arsi?

Non era l'andar suo cosa mortale
ma d'angelica forma, e le parole
sonavan altro che pur voce umana;
un spirto celeste, un vivo sole
fu quel ch'i' vidi, e se non fosse or tale,
piaga per allentar d'arco non sana.


Da Canzoniere (Rerum vulgarium fragmenta), CX

Francesco Petrarca

sabato 14 gennaio 2012

Segreti

Da quanto ho fatto, da quanto ho detto
di scoprire non cerchino chi fui.
C'era un ostacolo che trasformava
il mio modo di vivere e di agire.
C'era un ostacolo che mi fermava
tante volte, che stavo per parlare.
Di me le azioni meno percettibili
e dei miei scritti quelli più velati -
sarà solo di lì che capiranno.
Ma forse tanta pena, tanto sforzo
per intendere me non mette il conto.
Più tardi - in una società migliore -
certo qualcuno fatto come me
apparirà, farà - liberamente.

Costantino Kavafis

venerdì 13 gennaio 2012

Sonetti#14

Non prendo i miei giudizi dalle stelle,
eppure io ne so, di astrologia:
ma non predìco cose brutte, o belle,
o peste, o siccità, o carestia,
né prevedo in dettaglio, a uno o una,
se avrà burrasche, o tuoni e temporali,
o ai prìncipi se avranno o no fortuna,
interpretando i vari segni astrali.
Io prendo dai tuoi occhi la mia scienza,
stabili stelle in cui vedo il mistero:
o tu trarrai da te una discendenza,
facendo rifiorire il bello e il vero,
   o io prevedo che terminerà,
  con te, ogni Verità e Bellezza.


William Shakespeare

giovedì 12 gennaio 2012

Sospensione attività

Il blog sospende l'attività per problemi tecnici. Torneremo al più presto. Grazie
Daniela

mercoledì 11 gennaio 2012

La campanella

       Campanella d'argento, del convento
 
      Qui presso: voce di lontana infanzia

    E' in quel fresco tinnire, che mi giunge
      
         Or sì or no nell'ore più raccolte

  Della giornata; e meglio all'alba, quando
 
    Mute sono le strade e muto è il cielo.

Torno bambina: ho treccia al dorso, asciutte
        
         Gambe di capriola, occhi ridenti
   
     Pieni d'aprile: vo con la mia mamma
  
    A messa, per viuzze ancor nel sogno
  
    Del primo albore, colme d'un silenzio
   
    Abbandonato, che sol rompe un'eco

Di campanella: - oh, mai non fosse, mamma,
    
      venuto il giorno a dissipar quell'alba.



Ada Negri

martedì 10 gennaio 2012

Sogno

      Ride ancora il tuo corpo all'acuta carezza
       della mano o dell'aria, e ritrova nell'aria
     qualche volta altri corpi? Ne ritornano tanti
da un tremore del sangue, da un nulla. Anche il corpo
  che si stese al tuo fianco, ti ricerca nel nulla.

     Era un gioco leggero pensare che un giorno
             la carezza dell'aria sarebbe riemersa
       improvviso ricordo nel nulla. Il tuo corpo
       si sarebbe svegliato un mattino, amoroso
      del suo stesso tepore, sotto l'alba deserta.
           Un acuto ricordo ti avrebbe percorsa
       e un acuto sorriso.Quell'alba non torna?

     Si sarebbe premuta al tuo corpo nell'aria
     quella fresca carezza, nell'intimo sangue,
       e tu avresti saputo che il tiepido istante
     rispondeva nell'alba a un tremore diverso,
        un tremore dal nulla. Lo avresti saputo
 come un giorno lontano sapevi che un corpo
                era steso al tuo fianco.
                    Dormivi leggera
        sotto un'aria ridente di labili corpi,
     amorosa di un nulla. E l'acuto sorriso
   ti percorse sbarrandoti gli occhi stupiti.
  Non è più ritornata, dal nulla, quell'alba?


Da Poesie del disamore (1934-1938)

Cesare Pavese 

lunedì 9 gennaio 2012

La notte lava la mente

La notte lava la mente.

Poco dopo si è qui come sai bene,
file d'anime lungo la cornice,
chi pronto al balzo, chi quasi in catene.

Qualcuno sulla pagina del mare
traccia un segno di vita, figge un punto.
Raramente qualche gabbiano appare.

Da Onore del vero (1957)

Mario Luzi 

domenica 8 gennaio 2012

Poesie per Charles#1

Charles Charlot Charcot,
   rimembranza dolce,
vieni tu dall'Andalusia,
  vieni tu dal miraggio segreto
del florilegio dei sensi?
  Charles, Charcot,
  tu che hai nel duro cappello
  le melodie del gioco,
sei giocoliere o amante?

  

Alda Merini

sabato 7 gennaio 2012

Rime#32

Vivo al peccato, a me morendo vivo;
vita già mia non son, ma del peccato:
mie ben dal ciel, mie mal da me m’è dato,
dal mie sciolto voler, di ch’io son privo.
  Serva mie libertà, mortal mie divo
a me s’è fatto. O infelice stato!
a che miseria, a che viver son nato!




  
Michelangelo Buonarroti

venerdì 6 gennaio 2012

La pioggia nel pineto

Taci. Sulle soglie
del bosco non odo
parole che dici
umane; ma odo
parole più nuove
che parlano gocciole e foglie
lontane.
Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici
salmastre ed arse,
piove su i pini
scagliosi ed irti,
piove su i mirti
divini,
su le ginestre fulgenti
di fiori accolti
sui ginepri folti
di coccole aulenti,
piove sui nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggieri,
sui freschi pensieri
che l'anima schiude
novella
sul la favola bella
che ieri
t'illuse, che oggi m'illude
o Ermione.

Odi? La pioggia cade
su la solitaria
verdura
con un crepitio che dura
e varia nell'aria
secondo le fronde
più rade, men rade.
Ascolta. Risponde
al pianto il canto
delle cicale
che il pianto australe
non impaura,
nè il ciel cinerino.
E il pino
ha un suono,e il mirto
altro suono, e il ginepro
altro ancora, stromenti
diversi
sotto innumerevoli dita.
E immersi
noi siam nello spirto
silvestre,
d'arborea vita viventi;e il tuo volto ebro
è molle di pioggia
come una foglia,
e le tue chiome
auliscono come
le chiare ginestre,
o creatura terrestre
che hai nome
Ermione.

Manoscritto originale
Ascolta, ascolta. L'accordo
delle aeree cicale
a poco a poco
più sordo
si fa sotto il pianto
che cresce;
ma un canto vi si mesce
più roco
che di laggiù sale,
dall'umida ombra remota.
Più sordo e più fioco
s'allenta e si spegne.
Solo una nota
ancora trema, si spegne,
risorge, trema, si spegne.
Non s'ode voce del mare.
Or s'ode su tutta la fronda
crosciare
l'argentea pioggia
che monda,
il croscio che varia
secondo la fronda
più folta, men folta.
Ascolta.
La figlia dell'aria
è muta; ma la figlia
del limo lontana,
la rana,
canta nell'ombra più fonda,
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su le tue ciglia,
Ermione.

Piove su le tue ciglia nere
siche par che tu pianga
ma di piacere; non bianca
ma quasi fatta virente,
par da scorza tu esca.
E tutta la vita è in noi fresca
aulente,
il cuor nel petto è come pesca
intatta,
tra le palpebre gli occhi
son come polle tra l'erbe,
i denti negli alveoli
son come mandorle acerbe.
E andiam di fratta in fratta,
or congiunti or disciolti
(e il verde vigor rude
ci allaccia i malleoli
ci intrica i ginocchi)
chi sa dove, chi sa dove!
E piove sui nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
m'illuse, che oggi t'illude,
o Ermione.

Da Alcyone (1899 - 1903)

                                                                                                   Gabriele D'Annunzio 

giovedì 5 gennaio 2012

Corno inglese

Il vento che stasera suona attento
- ricorda un forte scotere di lame -
gli strumenti dei fitti alberi e spazza
l'orizzonte di rame
dove strisce di luce si protendono
come aquiloni al cielo che rimbomba
(Nuvole in viaggio, chiari
reami di lassù! D'altri Eldoradi
malchiuse porte!)
e il mare che scaglia a scaglia,
livido, muta colore
lancia a terra una tromba
di schiume intorte;
il vento che nasce e muore
nell'ora che lenta s'annera
suonasse te pure stasera
scordato strumento,
cuore.


Da Ossi di seppia (1920- 1927)

                                                                                              Eugenio Montale

mercoledì 4 gennaio 2012

La gatta

La tua gattina è diventata magra.
Altro male non è il suo che d'amore:
male che alle tue cure la consacra.

Non provi un'accorata tenerezza?
Non la senti vibrare come un cuore
sotto alla tua carezza?
Ai miei occhi è perfetta
come te questa tua selvaggia gatta,
ma come te ragazza
e innamorata, che sempre cercavi,
che senza pace qua e là t'aggiravi,
che tutti dicevano: "E' pazza".

E' come te ragazza.


Da Trieste e una donna (1910-1912)

                                                                                                                Umberto Saba 

martedì 3 gennaio 2012

Vento a Tindari

Tindari, mite ti so
fra larghi colli pensile aull'acque
dell'isole dolci del dio,
oggi m'assali
e ti chini in cuore.

Salgo vertici aerei precipizi,
assorto al vento dei pini,
e la brigata che lieve m'accompagna
s'allontana nell'aria,
onda di suoni e amore,
e tu mi prendi
da cui male mi trassi
e paure d'ombre e di silenzi,
 rifugi di dolcezze un tempo assidue
e morte d'anima.

A te ignota è la terra
ove ogni giorno affondo
e segrete sillabe nutro:
altra luce ti sfoglia sopra i vetri
nella veste notturna,
e gioia non mia riposa
sul tuo grembo.

Aspro è l'esilio,
e la ricerca che chiudevo in te
d'armonia oggi si muta
in ansia precoce di morire;
e ogni amore è schermo alla tristezza,
tacito passo nel buio
dove mi hai posto
amaro pane a rompere.

Tindari serena torna;
soave amico mi desta
che mi sporga nel cielo da una rupe
e io fingo timore a chi non sa
che vento profondo m'ha cercato.


da Acque e terre ( 1920-1929)
                                                                                    Salvatore Quasimodo 

                                                                       

lunedì 2 gennaio 2012

In un momento

In un momento
Sono sfiorite le rose
I petali caduti
Perchè io non potevo dimenticare le rose
Le cercavamo insieme
Abbiamo trovato delle rose
Erano le sue rose erano le mie rose
Questo viaggio chiamavamo amore
Col nostro sangue e colle nostre lagrime facevamo le rose
Che brillavano un momento al sole del mattino
Le abbiamo sfiorite sotto il sole tra i rovi
Le rose che non erano le nostre rose
Le mie rose le sue rose

P.S. E così dimenticammo le rose

(per Sibilla Aleramo)
                                                                                                               
                                                                                                           Dino Campana