lunedì 30 aprile 2012

Il caso

Solo che un qualche iddio vendicativo mi chiamasse 
Dall'alto cielo, e irridesse: "Tu, creatura che soffre, 
Sappi che il tuo dolore è il mio diletto, 
Che del tuo amore frustrato profitta il mio odio!".


Allora sopporterei, tenderei i nervi e morrei, 
Rafforzato dal senso d'un ira immeritata; 
Mezzo racconsolato dal pensiero, che un più potente di me 
Avesse voluto e assegnato le lacrime ch'io piango. 

Ma non così. Come accade che la gioia venga uccisa, 
E perché avvizzisce la più dolce speranza mai seminata? 
Il caso balordo s'oppone al sole e alla pioggia, 
E il tempo biscazziere getta per allegria il dado d'un lamento... 
Per questi giudici ciechi tanto valeva cospargere 
Gioie lungo il mio cammino così come il dolore. 

Thomas Hardy

venerdì 27 aprile 2012

Intorn'ad una fonte, in un pratello

Intorn'ad una fonte, in un pratello
di verdi erbette pieno e di bei fiori,
sedean tre angiolette, i loro amori
forse narrando, ed a ciascuna 'l bello

viso adombrava un verde ramicello
ch'i capei d'or cingea, al qual di fuori
e dentro insieme i dua vaghi colori
avvolgeva un suave venticello.

E dopo alquanto l'una alle due disse
(com'io udi'): "Deh, se per avventura
di ciascuna l'amante or qui venisse,

fuggiremo noi quinci per paura?".
A cui le due risposer: "Chi fuggisse,
poco savia saria, con tal ventura!".


Giovanni Boccaccio

domenica 22 aprile 2012

La notte

So poco della notte
ma la notte sembra sapere di me,
e in più, mi cura come se mi amasse,
mi copre la coscienza con le sue stelle.
Forse la notte è la vita e il sole la morte.
Forse la notte è niente
e le congetture sopra di lei niente
e gli esseri che la vivono niente.
Forse le parole sono l'unica cosa che esiste
nell'enorme vuoto dei secoli
che ci graffiano l'anima con i loro ricordi.

Ma la notte deve conoscere la miseria
che beve dal nostro sangue e dalle nostre idee.
Deve scaraventare odio sui nostri sguardi
sapendoli pieni di interessi, di non incontri.

Ma accade che ascolto la notte piangere nelle mie ossa.
La sua lacrima immensa delira
e grida che qualcosa se n'è andato per sempre.

Un giorno torneremo ad essere.


 Alejandra Pizarnik

Vides ut stet



Guarda come candido di neve svetta il Soratte! Già cedono i rami
stremati dal peso e i fiumi ristanno
stretti da acuto gelo.

Dissolvi il freddo, copiosa aggiungendo
legna alla fiamma e prodigo mesci,
Taliarco, vino di quattro anni
dall'anfora sabina a doppia ansa.

Lascia che gli Dei pensino al resto,
ché non appena i venti in lotta
sul mare ribollente placano ecco,
non s'agitano più i cipressi e i vecchi orni.

Cosa ti riserva domani, non chiedere.
ma ciascun giorno che il fato t'aggiunge
metti a guadagno e non sdegnare, giovane,
i dolci amori, e non le danze,

finché nell'eta verde triste canizie
ti è lontana. Ora torna a cercare
il campo e le piazze e i tenui sussurri
all'ora convenuta della sera,

e il riso delizioso che tradisce
la giovane nascosta nell'oscuro
canto, e il pegno che le cogli dai polsi
da un dito, a lei che appena resiste.

Quinto Orazio Flacco

giovedì 19 aprile 2012

Bellezza variegata




Sia gloria a Dio per le cose screziate,
Per i cieli di vario colore come le mucche chiazzate,
Per le macchie rosa punteggiate sulla trota che nuota;
Per le castagne fresche cadute come brage accesa, per le ali dei fringuelli;
Per i paesaggi divisi e pezzati, chiuso, maggese e campo arato;
E tutte le arti e gli arnesi e gli strumenti e gli ordigni.

Tutte le cose a contrasto, originali, sobrie, strane;
Tutto ciò che è mutevole e - chi sa conte - maculato:
Veloce, lento; dolce, aspro; vivido e opaco;
Per tutte queste bellezze sia Egli, la cui bellezza ogni mutamento
trascende, lodato.


Gerald Manley Hopkins


martedì 17 aprile 2012

Nessuno degnò




Nessuno degnò calcolare il sole e il suo

straziante dolore umano in quella eterna


lagrimosa gioconda aurora d'artiglierie




Filippo Tommaso Marinetti


domenica 15 aprile 2012

Al di fuori di questo pianeta





 Al di fuori di questo pianeta, pensai, non c'è nulla, ed è così desolato.

È il nostro solo rifugio,

e questo è fatto così.



Bertolt Brecht

L'approdo

 Felice l’uomo che ha raggiunto il porto,
Che lascia dietro di sè mari e tempeste,
I cui sogni sono morti o mai nati,
E siede a bere all’osteria di Brema,
Presso al camino, ed ha buona pace.
Felice l’uomo come una fiamma spenta,
Felice l’uomo come sabbia d’estuario,
Che ha deposto il carico e si è tersa la fronte,
E riposa al margine del cammino.
Non teme né spera né aspetta,
Ma guarda fisso il sole che tramonta.

 Primo Levi

sabato 14 aprile 2012

Ballata delle donne

Quando ci penso, che il tempo è passato,
le vecchie madri che ci hanno portato,
poi le ragazze, che furono amore,
e poi le mogli e le figlie e le nuore,
femmina penso, se penso una gioia:
pensarci il maschio, ci penso la noia.

Quando ci penso, che il tempo è venuto,
la partigiana che qui ha combattuto,
quella colpita, ferita una volta,
e quella morta, che abbiamo sepolta,
femmina penso, se penso la pace:
pensarci il maschio, pensare non piace.

Quando ci penso, che il tempo ritorna,
che arriva il giorno che il giorno raggiorna,
penso che è culla una pancia di donna,
e casa è pancia che tiene una gonna,
e pancia è cassa, che viene al finire,
che arriva il giorno che si va a dormire.

Perché la donna non è cielo, è terra
carne di terra che non vuole guerra:
è questa terra, che io fui seminato,
vita ho vissuto che dentro ho piantato,
qui cerco il caldo che il cuore ci sente,
la lunga notte che divento niente.

Femmina penso, se penso l'umano
la mia compagna, ti prendo per mano.

Edoardo Sanguineti

venerdì 13 aprile 2012

Un fiore donato a mia figlia

Diafana la bianca rosa e diafane
mani di lei che diedero,
anima vizza e pallida più
che la smunta onda del tempo.

Rosediafane e belle - ma più diafana
selvaggia meraviglia
nei miti occhi tu veli,
mia bambina azzurrovenata. 


James Joyce

mercoledì 11 aprile 2012

Haiku#1

     

       che luna:

        il ladro 

 si ferma per cantare 


 Yosa Buson








Speranza

Il gigantesco rovere abbattuto
l'intero inverno giacque sulla zolla,
mostrando, in cerchi, nelle sue midolla
i centonovant'anni che ha vissuto.

Ma poi che Primavera ogni corolla
dischiuse con le mani di velluto,
dai monchi nodi qua e là rampolla
e sogna ancora d'essere fronzuto.

Rampolla e sogna - immemore di scuri -
l'eterna volta cerula e serena
e gli ospiti canori e i frutti e l'ire

aquilonari e i secoli futuri...
Non so perché mi faccia tanta pena
quel moribondo che non vuol morire!



Guido Gozzano

martedì 10 aprile 2012

Lavorare stanca


I due, stesi sull'erba, vestiti, si guardano in faccia
tra gli steli sottili: la donna gli morde i capelli
e poi morde nell'erba. Sorride scomposta, tra l'erba.
L'uomo afferra la mano sottile e la morde
e s'addossa col corpo. La donna gli rotola via.
Mezza l'erba del prato è così scompigliata.
La ragazza, seduta, s'aggiusta i capelli
e non guarda il compagno, occhi aperti, disteso.

Tutti e due, a un tavolino, si guardano in faccia
nella sera, e i passanti non cessano mai.
Ogni tanto un colore più gaio li distrae.
Ogni tanto lui pensa all'inutile giorno
di riposo, trascorso a inseguire costei,
che è felice di stargli vicina e guardarlo negli occhi.
Se le tocca col piede la gamba, sa bene
che si danno a vicenda uno sguardo sorpreso
e un sorriso, e la donna è felice. Altre donne che passano
non lo guardano in faccia, ma almeno si spogliano
con un uomo stanotte. O che forse ogni donna
ama solo chi perde il suo tempo per nulla.

Tutto il giorno si sono inseguiti e la donna è ancor rossa
alle guance, dal sole. Nel cuore ha per lui gratitudine.
Lei ricorda un baciozzo rabbioso scambiato in un bosco,
interrotto a un rumore di passi, e che ancora la brucia.
Stringe a sè il mazzo verde - raccolto sul sasso
di una grotta - di bel capevenere e volge al compagno
un'occhiata struggente. Lui fissa il groviglio
degli steli nericci tra il verde tremante
e ripensa alla voglia di un altro groviglio,
presentito nel grembo dell'abito chiaro,
che la donna gli ignora. Nemmeno la furia
non gli vale, perché la ragazza, che lo ama, riduce
ogni assalto in un bacio c gli prende le mani.

Ma stanotte, lasciatala, sa dove andrà:
tornerà a casa rotto di schiena e intontito,
ma assaporerà almeno nel corpo saziato
la dolcezza del sonno sul letto deserto.
Solamente, e quest'è la vendetta, s'immaginerà
che quel corpo di donna, che avrà come suo, sia,
senza pudori, in libidine, quello di lei.


Cesare Pavese

lunedì 9 aprile 2012

1909

La signora aveva un vestito
In ottomano viola scarlatto
E la sua tunica ricamata d'oro
Era composta di due pannelli
Che s'attaccavano sulle spalle
Gli occhi danzanti come angeli
Rideva rideva
Aveva un viso dai colori di Francia
Gli occhi blu i denti bianchi e le labbra molto rosse
Aveva un viso dai colori di Francia
Era scollata in rotondo
E pettinata alla Recamier
Con belle braccia nude
Non si sentirà mai suonare la mezzanotte
La signora nel vestito di ottomano viola scarlatto
E in tunica ricamata d'oro
Scollata in rotondo
Portava a passeggio i suoi riccioli
La sua fascia d'oro
E trascinava le scarpette con le fibbie
Era così bella
Che non avresti osato amarla
Amavo le donne atroci nei quartieri enormi
Dove nasceva ogni giorno qualche essere nuovo
Il ferro era il loro sangue la fiamma il cervello
Amavo amavo il popolo abile delle macchine
Il lusso e la bellezza sono solamente la sua schiuma
Quella donna era così bella
Che mi faceva paura.

Guillaume Apollinaire

domenica 8 aprile 2012

La vita - è il solo modo

La vita – è il solo modo
per coprirsi di foglie,
prendere fiato sulla sabbia,
sollevarsi sulle ali;
essere un cane,
o carezzarlo sul suo pelo caldo;
distinguere il dolore
da tutto ciò che dolore non è;
stare dentro gli eventi,
dileguarsi nelle vedute,
cercare il più piccolo errore.
Un'occasione eccezionale
per ricordare per un attimo
di che si è parlato
a luce spenta;
e almeno per una volta
inciampare in una pietra,
bagnarsi in qualche pioggia,
perdere le chiavi tra l'erba;
e seguire con gli occhi una scintilla di vento;
e persistere nel non sapere
qualcosa d'importante.


Wislawa Szymborska

mercoledì 4 aprile 2012

La grazia in qualche modo




La grazia in qualche modo, il fiore delle cose sfugge
a noi, i più miseri di tutti, i più infelici.
Noi che per pietà dobbiamo
vivere la vita di altri non la nostra. E poi distruggerla
con tutto dentro. Era ben diverso
quando l'anima e corpo pareva si fondssero
in sinfonie mistiche.



Oscar Wilde


martedì 3 aprile 2012

Io sono l'unica il cui destino





Io sono l’unica il cui destino
lingua non indaga, occhio non piange;
non ho mai causato un cupo pensiero,
né un sorriso di gioia, da quando sono nata.

Tra piaceri segreti e lacrime segrete,
questa mutevole vita mi è sfuggita,
dopo diciott’anni ancora così solitaria
come nel giorno della mia nascita.

E vi furono tempi che non posso nascondere,
tempi in cui tutto ciò era terribile,
quando la mia triste anima perse il suo orgoglio
e desiderò qualcuno che l’amasse.

Ma ciò apparteneva ai primi ardori
di sentimenti poi repressi dal dolore;
e sono morti da così lungo tempo
che stento a credere siano mai esistiti.

Prima si dissolse la speranza giovanile,
poi svanì l’arcobaleno della fantasia;
infine l’esperienza mi insegnò che mai
crebbe in un cuore mortale la verità.

Era già amaro pensare che l’umanità
fosse insincera, sterile, servile;
ma peggio fu fidarmi della mia mente
e trovarvi la stessa corruzione.

 Emily Brontë

lunedì 2 aprile 2012

La fontana malata




Clof, clop, cloch,
cloffete,
cloppete,
clocchette,
chchch...
È giù,
nel cortile,
la povera
fontana
malata;
che spasimo!
sentirla
tossire.
Tossisce,
tossisce,
un poco
si tace...
di nuovo.
tossisce.
Mia povera
fontana,
il male
che hai
il cuore
mi preme.
Si tace,
non getta
più nulla.
Si tace,
non s'ode
rumore
di sorta
che forse...
che forse
sia morta?
Orrore
Ah! no.
Rieccola,
ancora
tossisce,
Clof, clop, cloch,
cloffete,
cloppete,
chchch...
La tisi
l'uccide.
Dio santo,
quel suo
eterno
tossire
mi fa
morire,
un poco
va bene,
ma tanto...
Che lagno!
Ma Habel!
Vittoria!
Andate,
correte,
chiudete
la fonte,
mi uccide
quel suo
eterno tossire!

Andate,
mettete
qualcosa
per farla
finire,
magari...
magari
morire.
Madonna!
Gesù!
Non più!
Non più.
Mia povera
fontana,
col male
che hai,
finisci
vedrai,
che uccidi
me pure.
Clof, clop, cloch,
cloffete,
cloppete,
clocchete,
chchch...
Aldo Palazzeschi


domenica 1 aprile 2012

Vicinanza

Quando spesso, piccina mia,

mi diventi, io non so come, estranea;

quando ci confondiamo tra la folla

a me si soffoca ogni gioia.

Ma quando è buio e quiete intorno a noi,

dei tuoi baci ancor mi riconosco.


Johann Wolfgang Goethe